“Capiamo il bambino, i capricci a tavola” ne parliamo con la Dottoressa Paola Cipriano

“Capiamo il bambino, i capricci a tavola”

ne parliamo con la Dottoressa Paola Cipriano

In questo articolo cercheremo di approfondire due tematiche sempre attuali : il rapporto tra bambini e cibo e i capricci a tavola .

Nelle conversazioni tra genitori le frasi che ricorrono spesso sono “mio figlio non mangia nulla, non so più cosa far; fa i capricci; serra la bocca pur di non mandar giù il boccone; per farlo mangiare non so cosa inventarmi”, associate ovviamente ad uno stato d’ansia e preoccupazione (del genitore, non del bambino).

Dottoressa Cipriano, questo rifiuto di mangiare secondo lei è veramente solo e semplicemente un capriccio?

No, assolutamente no.

Ma prima di entrare nel dettaglio vorrei sottolineare che in Italia l’obesità infantile è in forte incremento, i bambini mangiano troppo e male, accanto a questo bisogna considerare anche un fattore “culturale” che porta a considerare il mangiare più del necessario una qualità positiva, di conseguenza si crede ancora oggi che il bambino che mangia tanto è sano, più è “rotondo” più sta bene. Tutto questo viene considerato valido fino alla prima infanzia perché poi successivamente nell’adolescenza il modello di riferimento cambia e lascia il posto al “più sei magro e perfetto”, più sarai accettato. Eppure, malgrado questi dati allarmanti, a meno che non sia il pediatra a segnalare il problema, i genitori non considerano il sovrappeso del bambino   un vero problema, al contrario si preoccupano e  si concentrano sul “mangia poco”.

Nella mia esperienza sia di psicoterapeuta nelle sedute individuali e/o nei gruppi post parto, sia nella quotidianità di mamma, parlando con le madri alle prese con lo svezzamento mi sono resa conto che quello che crea più problemi sono le dinamiche che scattano durante i pasti: i bambini non mangiano o mangiano poco e soprattutto fanno i capricci.

Ha perfettamente ragione, spesso il pasto diventa un vero tormento ci si inventa di tutto, si inseguono i bambini in giro per la casa senza alcun risultato, si creano giochi nuovi, si leggono favole, vengono implorati, pregati, minacciati e poi alla fine di tutto questo teatrino mangiano la metà di quello che viene proposto.

Quando c’è un problema col cibo il problema non è mai il cibo, quando i bambini fanno i “capricci” dobbiamo stare molto attenti, dobbiamo pensare anche a cosa proponiamo, cosa gli diciamo, ai messaggi che veicoliamo, perché il bambino associa la nostra reazione al cibo e la mantiene per sempre:

Cibo = senso di colpa

  • Ma come non mangi? La mamma l’ha fatto con tanto amore.
  • Se non mangi la mamma è triste.

Al bambino arriva questo messaggio “io ti amo tanto e tu non mangiando mi rifiuti”, probabilmente mangia ma non per voglia, per non far soffrire la mamma.

Cibo= inganno

  • Per esempio, al bambino non piace il pesce, la mamma lo inserisce nelle polpette pensando che non se ne accorga.

Al bambino arriva il messaggio che l’inganno è lecito.

Cibo= punizione

  • Se non mangi non ti compro non ti porto al parco, ti tolgo il gioco preferito.

Il bambino probabilmente mangia ma assocerà il cibo alla punizione

Cibo= premio

  • Se mangi tutta la pasta dopo ti do il tuo dolce preferito.

Il bambino non dovrebbe mangiare su ricatto di un premio, una punizione o un senso di colpa, il bambino deve mangiare perché ne sente il bisogno.

Dottoressa quindi non serve assolutamente  a nulla tenere il bambino davanti al piatto “finché non mangia”, il che spesso quel finché può risultare un tempo interminabile. È un momento di grande stress per il bambino e per il genitore.

No, non serve a nulla, se non a far odiare quel cibo in particolare.

Noi genitori siamo responsabili della nutrizione del bambino che deve essere sana e varia, ma dobbiamo anche avere fiducia nelle sue capacità di autoregolarsi.  Il bambino deve “sentirsi”, deve percepire sé stesso, se noi decidiamo al suo posto, se ci sostituiamo alle sue esigenze (che sono solo sue) effettuiamo un’azione molto pericolosa, gli togliamo la capacità di imparare ad ascoltarsi. Questo è molto grave perché la capacità di auto ascoltarsi diventa per un bambino un vantaggio, una protezione di fronte ai pericoli.

I bambini ci fanno sempre domande di presenza associate al bere o al mangiare, la sera per esempio ci chiamano, chiedono l’acqua, gliela portiamo e poi magari ne bevono solo un sorso perché?

Dottoressa Cipriano cosa intende per domande di presenza?

Vuol dire qualcosa di più dell’attenzione.

Hanno bisogno di sentirci non solo fisicamente ma soprattutto mentalmente, hanno bisogno di sentire loro dentro di noi. Hanno bisogno di sentirsi sentiti.

Credo che sia capitato ad ogni genitore di vivere un momento di difficoltà a causa del quale siamo meno disponibili, passiamo meno tempo con loro  per una serie di motivi che fanno parte del quotidiano, stress da lavoro, problemi economici, problemi di salute, in questi momenti il bambino pur sentendosi comunque amato, ha la percezione dell’assenza del piacere di stare con lui, e allora può chiedere l’acqua, oppure fare i capricci al momento del pasto.

Qual è la relazione tra capricci e il cibo allora?

I bambini possono manifestare il disagio nel rapporto col cibo anche quando ci sono cambiamenti in atto: un trasloco, l’ingresso al nido, la mamma che riprende il lavoro, problemi di coppia, problemi di salute.

L’importante è interrogarsi sempre e capire che ogni volta che ci sono dei grandi cambiamenti nelle dinamiche riguardanti il cibo bisogna considerare come soggetti attivi sia i genitori sia il bambino che è parte integrante di questa dinamica, proporzionalmente alla sua età e alla sua crescita psichica.

Il rapporto col cibo ha diversi significati e cambia anche in base allo stadio evolutivo, per esempio inizia dall’allattamento momento in cui c’è una grande simbiosi con la madre, prosegue  con lo svezzamento momento in cui avviene la prima vera separazione e spesso le ansie e le difficoltà insorgono perché non sono solo i bambini a dover essere “svezzati” ma anche  le madri, perché devono abituarsi al passaggio da soggetti indispensabili a soggetti disponibili e utili. SI tratta di fare un passo indietro, tra la madre e il bambino comincia ad esserci qualcosa che li separa, che li distingue : un cucchiaino, il piatto. Il rapporto cambia e diventa diverso dal quel sentirsi un tutt’uno come nell’allattamento. La crescita e i cambiamenti non sono processi lineari e scontati, ci possono essere delle battute d’arresto, degli assestamenti, degli adattamenti,  non è solo questione di diversa consistenza del cibo in rapporto al latte, alcuni bambini con lo svezzamento possono avvertire maggiormente la  paura della separazione  e viverla come abbandono. DI solito non è vero che non mangiano in assoluto perché un bambino amato, protetto, accudito non si lascia morire fame, quello che vorrei far capire è che le mamme non devono proiettare  e codificare il mangiar poco, il serrare la bocca come un messaggio di non amore da parte del bambino, come fallimento personale ma piuttosto come richiesta di altro.

I capricci

Per noi adulti rappresentano un comportamento provocatorio, quasi una sfida che ci mette in difficoltà e che hanno lo scopo di crearci disagio.

Per me meglio sono qualcosa di ben più articolato, il bambino attraverso il capriccio ci sta dicendo qualcosa, il capriccio in sé è un atto comunicativo, lo fa con i suoi strumenti quelli che ha disposizione un bambino di 2-3-4 anni che a noi adulti risultano fastidiosi e reagiamo perdendo la pazienza o con le punizioni.

Tutto questo è molto umano io non voglio assolutamente proporre un modello ideale, capita prima o poi a tutti i genitori perché a nostra volta subiamo pressioni, siamo all’interno di un sistema che ci chiede ritmi che sono lontani dalla fisiologia e dai tempi normali di un bambino, torniamo a casa siamo stanchi, abbiamo poco tempo da dedicargli e  quel poco ci auspicheremmo di passarlo in armonia e non reagendo a dei capricci.

L’importante è esserne consapevoli, questo ci permette di aggiustare un po’ il tiro, la domanda che ci deve sempre guidare nel momento in cui vediamo che il bambino fa” capricci” a tavola è: che cosa mi sta comunicando, che messaggio mi sta lanciando?

Ricordatevi che il rapporto con il cibo ha a che fare con l’amore.

La prima esperienza relazionale che facciamo appena nati è all’interno di un’esperienza di nutrimento. Quando nasciamo innanzitutto viviamo quello che alcuni psicologi considerano il trauma della nascita, passiamo  da una situazione omeostatica dove tutto è stabile, i suoni sono attutiti, la percezione di fame non c’è perché abbiamo il cordone ombelicale, la temperatura è costante, ad una situazione, la nascita, in cui tutto questo viene meno.

Però l’istinto del bambino è geneticamente determinato per andare verso il seno materno, ci sono dei video bellissimi in cui si vede che se si posa il bambino appena nato sulla pancia materna , pian piano migra verso il seno e si attacca. Questo fenomeno di migrazione avviene non per fame ma per recuperare quel paradiso perduto, l’omeostasi, la simbiosi. Quando nasce non ha la consapevolezza di sé, la raggiunge in maniera graduale, nel corso di mesi attraverso un’alternanza tra separazione e simbiosi.

La simbiosi si ripropone durante l’allattamento,in quel momento la mamma e il neonato sono un tutt’uno e poi quando finisce la poppata ci si separa, da questa continua alternanza di contatto e separazione, nasce la mente da un punto di vista psichico e quindi la capacità di pensare su di sé e questa nascita psichica sarà la base che ci accompagnerà all’obiettivo massimo che si raggiunge nell’adolescenza: la separazione e l’individuazione di sé rispetto alle relazioni familiari.

Nasciamo psichicamente quindi proprio all’interno della prima esperienza che ci coinvolge di più: la nutrizione. Saremo nutriti al seno o col biberon tante volte al giorno per giorni e per mesi e questa esperienza è la più forte che leghi mamma e figlio, ed è lì che nasce già il concetto di cibo = amore, cioè di comunicazione non verbale, attraverso il cibo passano molte cose, non passa solo l’aspetto nutritivo dei grassi, delle proteine e degli zuccheri passa anche un nutrimento emotivo.

Uno psicologo dei primi del ‘900, Spitz, osservò che i neonati di un orfanotrofio di un paese dell’est che non erano mai stati presi in braccio, mai coccolati ma solo nutriti fisicamente, andavano incontro a gravissimi ritardi psicomotori e alcuni si lasciano morire. Questo dimostra quanto siano intrecciati i bisogni emotivi e nutritivi, quindi il bambino non deve mangiare per soddisfare le aspettative dei genitori, altrimenti si allontana dalla percezione di senso di sazietà che solo il suo corpo può dargli, e allontanandosi non sarà più capace di “sentirsi”.

L’incapacità di percepire il senso di sazietà lo ritroviamo nei disturbi alimentari, quindi è importante ascoltare, è importante non confondere i bisogni emotivi da quelli fisiologici, non diamo il cibo come premio, non diamo il cibo perché il bambino è annoiato  o per farlo stare buono, non utilizziamo queste strategie confusive , il momento del pranzo e della cena devono essere molto chiari, poniamo delle regole, perché le regole danno sicurezza al bambino ma non bisogna insistere né entrare in uno stato d’ansia perché l’insistenza genera resistenza,  e l’ansia è molto contagiosa, spesso i genitori, in particolare le madri caricano di ansia e  di molte aspettative il momento del pasto e il bambino per proteggersi non mangia.

La parola d’ordine è fidarsi della capacità di autoregolazione del bambino e anche accettare il fatto che il discorso del cibo in realtà è qualcosa che riguarda prima di tutto LUI, anche la mamma più brava del mondo non può sapere quello che prova il suo bambino, la fame è una sensazione che ha il bambino.

Vorrei che sia chiaro che percepire il reale bisogno del bambino non  è sinonimo di lassismo, al contrario è importante “creare” il momento del pranzo o della cena come ritmo giornaliero, preparare i pasti insieme, pensarci insieme, andare al supermercato magari scegliendo quelli in cui ci sono anche i carrelli piccoli per coinvolgerli di più, sfidarli per gioco a trovare per esempio” la verdura più rossa di tutte “,inserendo anche la parte sensoriale del cibo.

Facciamoci aiutare nella preparazione, tutti i bambini possono far qualcosa a seconda della loro età, creiamo un clima emotivo positivo, gli rimarrà come modello fino all’età adulta. Non piace forse a tutti noi preparare la cena con gli amici, cucinare insieme, utilizzare quel momento per stare insieme e raccontarsi?

Se iniziamo ad abituarli fin da piccoli alla condivisione della preparazione del pasto creeremo un un momento rilassante e sereno, per far mangiare il bambino non occorre riempire troppo il suo piatto perché il mangiare non è un fatto educativo “finisci tutto per educazione”, ogni porzione deve essere adeguata alla sua età di un bambino e nel momento in cui non gli va più, è inutile insistere.

All’inizio ho affermato che nella dinamica con il cibo sono coinvolti sia il bambino  che i genitori, aggiungo per concludere che ai genitori  spetta il 50% di responsabilità di proporre un’alimentazione sana e di porre delle regole e dei limiti,  ai bambini spetta il restante 50%: la possibilità di essere lasciati liberi di autoregolarsi chiaramente rispettando le regole .

 

Dottoressa Cipriano la ringrazio per questo interessante articolo, so che è molto difficile sradicare l’ansia che attanaglia ogni genitore quando il bambino “mangia poco”, so anche che per abitudine, per stanchezza, per non sentirli urlare prima o poi tutti abbiamo usato il premio, la punizione, la favola, il teatrino per “convincerli” a mangiare.  Gli articoli servono ad informare non a giudicare, in questo difficile-meraviglioso mestiere di genitori si impara strada facendo, si diventa consapevoli a furia di prove ed errori.

Lei ci ha fatto comprendere che il bambino è un soggetto attivo nella dinamica col cibo, insieme a noi, che ha una capacità di autoregolazione, che il rifiuto del cibo va interpretato, che dobbiamo stabilire delle regole e nello stesso tempo permettere al bambino di imparare a percepire la fame, la sete, la sazietà  “ascoltando” sé stesso .

La consapevolezza è sempre il primo passo verso il cambiamento, ora conosciamo meglio questo meraviglioso universo tutto da scoprire che è il bambino.

Adriana Cigni

 

 

 

 

 

Tutte le immagini sono prese dal web.

Dottoressa Paola Cipriano riceve
in Viale Ungheria, 28
20138 Milano
Zona Milano Sud, Corvetto, Corso Lodi.
Santa Giulia
Milano
Zona Rogoredo
Telefono:

344 340.06.16       mail:   [email protected]