Mutismo selettivo: il tempo e la pazienza

Il tempo e la pazienza.

Su una slide che le relatrici delle FORMAZIONI sul MUTISMO SELETTIVO ci mostrano c’è scritto « il problema non è il parlare, il problema è l’ansia » e invitano genitori e insegnanti a dimenticare il silenzio del bambino.

Difficilissima impresa, ma necessaria. Concentrarsi sulle capacità, ci dicono ; e mettere da parte le mancanze.

Il silenzio è un sintomo. Il sintomo di un disagio che è diverso per ogni bambino, perché ogni bambino ha una sua storia, è unico e irripetibile.

So che è difficile per un genitore e per un insegnante dimenticare « il silenzio », ci si sente persi, impotenti, si prova una sensazione di fallimento.  Non siamo abituati ad affrontare il silenzio. Si ha voglia di sfidare, di provare, come se far parlare il bambino sia una nostra vittoria e non un suo sollievo.

Ci vuole tempo e pazienza.

Il tempo necessario al bambino per abbassare la sua ansia. Ridotta l’ansia scompare mano a mano anche il sintomo.

I tempi quelli del bambino.

L’ansia è una difesa naturale per affrontare i pericoli, quando il livello di soglia in cui scatta è normale.

Quando la soglia è bassa, scatta anche in situazioni banali  come  come a scuola, o in presenza di estranei, o in luoghi e ambienti nuovi ed è difficile da controllare.

La parola si blocca si « incastra » nella gola e diventa impossibile parlare.  Si vorrebbe fortemente ma non c’è nulla da fare, non esce.

Non c’è nessun comportamento oppositivo, nessuna volontà.

Come si può pensare che un bambino o un ragazzino possa scegliere di non dire «devo andare al bagno  », di non urlare al suo compagno esagitato « smettila di darmi le gomitate », di non esprimere la sua felicità, la sua contentezza per un bel voto, la sua delusione, il suo affetto a parole.

Pensate a quanto deve essere forte il suo blocco per poter bloccare la verbalizzazione delle sue emozioni.

Questo ho imparato dalla Dottoressa Claudia Gorla e dalla Dottoressa Simona Ius durante le formazioni.