Viaggio nell’universo femminile: che rapporto abbiamo con il nostro corpo?

In questo articolo  affrontiamo, con la Dottoressa Anellina De Ponte,  un altro degli elementi della femminilità che avevamo citato in una precedente intervista :

Iniziamo un nuovo percorso: l’universo femminile

Che rapporto abbiamo, noi donne, con il nostro corpo?

Il corpo è l’informatore più sincero di noi stessi, si dice che il corpo è “noi stessi”. È la casa in cui si abita e quindi le emozioni, i pensieri e le sensazioni vengono espressi attraverso i movimenti, i gesti e le posture.

Il concetto di corpo e di immagine corporea comporta numerosi quesiti che ci portano a interrogarci su come noi percepiamo il nostro corpo, senza dimenticare ovviamente gli aspetti psicologici e sociali.

La percezione del proprio sé è ciò che un bambino pensa di sé stesso all’interno delle esperienze che fa nella sua vita.

Cosa pensa di sé nell’ambito familiare?

Cosa pensa di sé nelle attività scolastiche?

Cosa pensa di sé nelle attività sportive? Si sente adeguato o meno?

Cosa vede a livello dell’aspetto fisico?

Cosa pensa del proprio corpo in relazione ai compagni?

Questo sé corporeo ha un ruolo fondamentale soprattutto nell’infanzia e nell’adolescenza. Il corpo non è solo alto-basso, bello-brutto, grasso-magro, non ha solo la funzione qualitativa ma ha anche un ruolo funzionale è un corpo sicuro-insicuro, forte-debole.  Il giudizio che il bambino o la bambina ha del proprio corpo lo accompagnano per tutta la sua vita.

Spesso le crisi che avvengono durante l’adolescenza, nel momento del grande cambiamento corporeo, sono incentrate su una concezione negativa del sé corporeo, soprattutto le bambine sono insoddisfatte del proprio corpo, non si vedono “bene”.  Questo nasce dal fatto che nello specchio vedono un’immagine che non corrisponde alla propria immagine ideale. Pensano di dover essere in un altro modo, in un modo idealizzato che spesso non esiste, il paragone tra l’immagine idealizzata e quella reale che vedono nello specchio crea un conflitto interiore, l’insoddisfazione, il non piacersi.

Qual è l’immagine ideale?

Quella della perfezione e della bellezza.

Come possiamo difenderci e/o affrontare gli stimoli (non necessariamente positivi) che ci arrivano dall’esterno? Anzi più che stimoli le chiamerei sollecitazioni ad essere belle, sempre, in ogni luogo e in ogni momento della giornata; ad avere corpi perfetti, senza difetti.

Il “difetto” non è altro che il nostro modo di essere uniche, persone uniche con corpi unici.

Nella comunicazione mediatica, l’utilizzo del corpo della donna rimanda ad una questione sulla costruzione della rappresentazione culturale del femminile e veniamo bombardati dalle immagini. In quest’epoca l’immagine è l’interlocutrice principale, il corpo della donna viene usato per generare un modello attraente per gli uomini per le donne.  In queste immagini possiamo notare un elemento importante: viene negata, cancellata dal volto delle donne i segni dell’età, della maturità. Questa tendenza che porta alla diffusione di foto in cui il volto della donna appare senza rughe, eternamente giovane è anche favorito dallo sviluppo della chirurgia estetica. Sembra che la donna, per avere successo, debba cancellare sul proprio corpo e nel volto gli aspetti espressivi e comunicativi che testimoniano l’identità e l’età.

Mi domando: essere giovani, essere perfette, essere belle è forse più importante rispetto all’esperienza?

Io credo che se una donna famosa rimanesse sé stessa, mostrando le sue rughe, la sua età senza ricorrere né a “filtri”, né chirurgia estetica, senza cancellare gli aspetti espressivi che testimoniano la sua identità, sarebbe sicuramente altrettanto bella, perché il suo viso non ci mostrerebbe solo la sua età ma anche la sua esperienza.

Quindi Dottoressa  alcune donne adottano la prospettiva dell’osservatore, una sorta di “sono come tu mi vuoi”?

Esatto come se fossero definite dall’apparenza fisica e non dalle loro capacità, dall’esperienza. Molte donne trascurano i loro reali bisogni e sono indotte ad avere una costante attenzione per il loro corpo, alla ricerca di quel sé ideale di cui parlavamo prima a proposito dell’adolescenza.

In effetti oggi sembra che dobbiamo rendere eterna la nostra giovinezza anche nei tratti, le donne mature non si “lisciano” solo il volto eliminando ogni traccia del tempo, ma si fanno alzare gli zigomi, insomma trasformano completamente la loro identità per cancellare ogni traccia del tempo che passa.

Purtroppo, questo è un processo che diventa sempre più precoce e il bombardamento mediatico colpisce le adolescenti ma anche le bambine!

Come possiamo insegnare alle giovani donne ad amare il loro corpo non “malgrado” ma con tutte le sue caratteristiche, anche se non coincidono con i modelli imposti?

Per coltivare un senso di sé positivo, bisognerebbe avere un modello di vita positivo di riferimento, nella maggior parte dei casi questo modello è la madre: una madre che si ama realmente, che accetta il proprio corpo. Una madre che si ama, ama la figlia e insegna la figlia ad amarsi, attiva degli aspetti in sé di amorevolezza che portano la bambina ad un’apertura all’amore.

Il primo passo per l’accettazione di sé è amare sé.

Occorre avere consapevolezza rispetto al proprio modello femminile, ma soprattutto proporre un modello alternativo a quello della “donna oggetto”, una donna capace di amare e di amore, di sentimento, assertiva e con un corpo centrato sui propri bisogni, capace di esaltare e valorizzare la propria unicità e anche in grado di volersi bene e di voler bene a quelle parti che non ci piacciono.

Dobbiamo accettare i nostri difetti, i nostri difetti siamo noi. Siamo il frutto di tutto ciò che siamo al di là dell’etichetta, del brutto e del bello di cosa ci piace o non ci piace.

Anellina è tutto questo.

 

Le immagini sono prese dal web

 per Anellina De Ponte

 

 

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