Consigli e chiarimenti sul mutismo selettivo.

Consigli e chiarimenti sul mutismo selettivo.

Ho capito che questo disturbo viene considerato raro perché non si conosce, perché non viene diagnosticato precocemente. Non viene diagnosticato precocemente perché non circolano informazioni, alcune insegnanti hanno dato un nome al silenzio e ai comportamenti “strani” del loro alunno; alcune hanno affermato di aver avuto in passato qualche alunno “silenzioso”.

Domande rivolte alla dottoressa Gorla e alla dottoressa Ius nel corso di una formazione sul Mutismo selettivo

Il mutismo selettivo è una psicopatologia.

Si può “guarire”?

Sì con tempi diversi, rispettando i tempi di ognuno, la diagnosi precoce è importantissima ovvio che se il mutismo perdura a questo si aggiungono le problematiche tipiche dell’adolescenza e superare il silenzio, che si è ben installato da anni, diventa più difficile. Difficile non improbabile o impossibile. Il tipo di terapia è ovviamente diverso.

Alla domanda se la scuola prevede un protocollo particolare per il mutismo selettivo se ricordo bene è stato risposto che è compreso nei BES.

Azione fondamentale è la collaborazione scuola-famiglia-terapeuta, le relatrici sostengono che è necessario, assolutamente necessario una collaborazione, in effetti lavorano molto con i genitori, specialmente quando i bambini che soffrono di mutimo selettivo hanno un’ età inferiore ai 6-7 anni. In questo caso, quindi, iniziano un percorso  con genitori e poi restano in costante contatto con le insegnanti che le avvisano dei progressi, e degli eventuali cambiamenti.

In fondo sappiamo bene che il bambino che soffre di mutismo selettivo, a scuola è completamente diverso dal bambino che è a casa.

Tutte le azioni che possono essere effettuate a scuola (andare prima o dopo le lezioni in classe da soli con il bambino, introdurre un compagno ecc.), devono essere concordate con la psicoterapeuta, con la maestra e con il bambino stesso. Fermo restando che siamo tutti consapevoli che spesso le insegnanti hanno le mani legate a causa di autorizzazioni negate, mancanza di strutture o scarsa disponibilità.

Questa l’ho sentita anch’io tantissime volte più che una domanda è un’affermazione:

Ma insomma l’ho portata dalla psicologa e ancora non parla, e poi le domando ma che fai con la dottoressa ?

Dice che giocano, disegnano ma io non la porto più ma a che serve?

Le due psicologhe hanno spiegato che:

Con i bambini di 6 -7 anni in poi lavorano in studio direttamente con loro, e sempre in stretto contatto con la scuola. Ovviamente qual’è la meta? Lo scopo principale delle sedute? Far parlare? NO! Abbassare l’ansia, insegnare al bambino a gestire la sua paura, e la conseguente ansia. E ad un bambino non si può parlare dei massimi sistemi , ad un bambino ci si approccia entrando nel suo mondo. Per questo Lo studio Smail associa anche l’arteterapia. Quindi per favore se iniziate un percorso con uno psicoterapeuta non lo interrompete perché pensate che “gioca” e basta, piuttosto chiedete al bambino come si sente in quelle sedute, se si sente a suo agio. Se il bambino ha fiducia e vede in quell’ora di seduta un momento in cui può abbassare le sue difese, non dover far fronte a nessuna aspettativa, credeteci anche voi; e soprattutto non chiedete davanti al bambino uscendo dalla stanza “HA PARLATO?

La consapevolezza e l’onestà.

Parlare sempre chiaramente al bambino.

Siate sempre onesti, se registrate la sua voce, la poesia, o l’interrogazione, il bambino deve essere d’accordo e l’ascolto deve avvenire in sua presenza (normalmente lui e la maestra o la prof) a meno che non decida di voler far sentire la voce a tutti.

Il bambino è consapevole del fatto che gli altri parlano e lui no, quindi ditegli sempre tutto.

Se andate dalla psicologa, ditegli che lo portate da una  dottoressa che lo aiuterà a star meglio (NON A PARLARE!), così come va dal pediatra o dal dottore quando ha mal di pancia o la febbre.

Tutto il lavoro e la terapia sono incentrati sull’abbassamento dell’ansia. Cito testualmente “dimenticate che non parla”; il bambino, la bambina, il ragazzo, la ragazza non sono il loro mutismo, sono altro. Apprezzate le loro capacità, le loro qualità, a nessuno di noi piacerebbe essere identificato con un problema.

Dopo la fase critica, cioè subito dopo la rottura del silenzio, cosa succede?

Si può avere uno spostamento dell’ansia su altri comportamenti.

Alla domanda ” quando qualcuno pone delle domande al bambino come ci dobbiamo comportare, tipo ma sei muto, il gatto ti ha mangiato la lingua? e via dicendo…”

Siate chiari, rispondete ” il bambino parla benissimo e anche tanto e non è una situazione di simpatia, antipatia o volontà, il fatto è che  in alcune situazioni la parola si blocca, non può parlare”.

Potrei dirvi tante e tante altre cose ma è anche vero che sia più giusto sentirle di persona o leggerle scritte dalle relatrici direttamente e non filtrate da me.

Perché il mutismo selettivo si manifesta a scuola?

Lascio rispondere a voi … la risposta è scontata: è il luogo dove sono richieste delle prestazioni.
Se noi dobbiamo affrontare un colloquio come ci sentiamo, Quando entriamo nel mondo del lavoro come ci sentiamo? Cosa ci diciamo, Quali pensieri ci vengono a noi insicuri? Non ce la farò mai, non sono capace, sono tutti migliori di me. E ci sentiamo agitati, il cuore che batte a mille, le mani sudate, non siamo nemmeno sicuri di poter rispondere Ci uscirà la voce? Poi riusciamo a controllare tutto questo e affrontiamo il colloquio, il nuovo lavoro, il nuovo incarico.
Per il bambino che soffre di mutismo selettivo affrontare un nuovo ambiente, staccarsi dalla mamma, affrontare la maestra e i compagni è troppo. L’ansia raggiunge livelli troppo alti.

Ogni tanto mi vengono in mente altri elementi importanti, altre domande che facevano parte delle lista ( un po’ in taglio giornalistico) di domande che avevo sottoposto alle pscologhe affinché risponderessero pubblicamente. Un’altra delle domande più usuale è: quanto tempo ci vuole per superare il silenzio?

Il tempo necessario al bambino, o al ragazzo. Il mutismo è una forma di difesa portata all’estremo di fronte a qualcosa che fa paura ( esempio di alcuni animali che si fingono morti per difesa) cito se ricordo bene, e mi perdonino le relatrici se non ricordo esattamente le parole dette sabato: ” il mutismo selettivo si sviluppa nel bambino non in un attimo, non in seguito ad un evento improvviso (quello è altro , è mutismo post traumatico, è un’altra cosa, ed è totale non selettivo) ma nel tempo, in molto tempo, e quindi non si può pensare di risolvere tutto in brevissimo tempo. In alcuni casi può succedere, in alcuni casi bastano poche sedute, in altri invece i tempi sono più lunghi. Tanto quanto ne ha bisogno il bambino/a, l’adolescente per abbassare la sua ansia.

Alla domanda che tipo di persona sarà in futuro chi ha sofferto di mutismo selettivo: non si può dare una risposta netta.

Ogni bambino, ogni persona è un universo a sé stante. Il silenzio è un sintomo,  la punta dell’iceberg ma quello che c’è dietro al silenzio è diverso per ognuno.  E una volta superato ognuno è diverso. Certo si ha in comune il fatto di aver passato anni a osservare gli altri, probabilmente si ha una grande capacità di comprendere le espressioni del volto e degli occhi. Ipersensibilità ma anche creatività. La scrittura, la musica,  la pittura sono sempre state ottime modalità di esprimersi.

iceberg

Adriana Cigni