Parliamo di Mutismo Selettivo

Dottoressa Ius lei si occupa, tra l’altro, di disturbi d’ansia, vero?

Sì, i disturbi d’ansia possono assumere forme e manifestazioni varie negli adulti e nei bambini come l’ansia sociale, l’ansia libera, l’ansia da separazione, e ovviamente il Mutismo Selettivo.

Parliamo di Mutismo Selettivo.

Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia e può essere trattato come tale, mi spiego: il mio lavoro non si focalizza mai sul sintomo più eclatante, il silenzio, o sul parlare e non parlare in contesti diversi. Tutto il percorso terapeutico è finalizzato all’abbassamento dell’ansia.

Quando ha incontrato il primo caso di Mutismo selettivo?

Mi occupo di Mutismo Selettivo dal 1998, il primo incontro con un bambino con MS fu in occasione della mia tesi di laurea, da questo bambino è partito tutto il mio percorso. Sempre in quel periodo ne ho incontrati altri (bambini e ragazzi), nell’ambito di un progetto di ricerca in Inghilterra.

Quindi la sua è una  lunga esperienza di Mutismo Selettivo, ci spieghi qual è il suo metodo di lavoro.

Sono una  psicoterapeuta sistemico-relazionale e quindi per me  sia la lettura del sintomo, sia   la ricerca delle soluzioni devono avvenire all’interno dei contesti di riferimento del paziente, per questo motivo lavoro molto con la famiglia e con la scuola. Quando è possibile e utile cerco di coinvolgere anche altri contesti: lo sport, il catechismo, gli scout.

Preferisco la terapia indiretta perché  credo che qualsiasi cambiamento possiamo attivare in una terapia individuale, questo è soggetto a dei movimenti omeostatici del sistema, in parole meno tecniche il bambino potrebbe  avere difficoltà a sostenere, da solo,  il cambiamento terapeutico.

Ci spieghi meglio.

Credo che sia faticoso dare al bambino tutta la gestione del suo sintomo e della terapia, e questo vale in tutti i casi di disturbi d’ansia, non solo per il Mutismo Selettivo,  per molti anche il solo fatto di venire in terapia può essere una fonte d’ansia.

Ovviamente non è discorso  assoluto, come dico sempre la  terapia è “un vestito su misura” che va adattato ad ognuno, in alcune situazioni che si prestavano ad un altro tipo di approccio ho fatto delle bellissime terapie individuali.

Quali sono gli step? Un esempio classico un genitore (normalmente a me scrivono le mamme!) le telefona e le parla della sua bambina. Le maestre le hanno detto che a scuola non parla.

Al primo contatto con la mamma, come nel suo esempio, chiedo un incontro, e se fosse possibile anche con il padre della  bambina. Ritengo fondamentale lavorare con entrambi i genitori, anche in caso di coppie separate, e ripercorrendo la mia esperienza posso affermare di aver trovato spesso coppie che, pur separate da tempo, hanno fatto un ottimo lavoro terapeutico insieme, come coppia genitoriale, unita e funzionante.

I genitori mi raccontano la loro storia familiare, la storia del sintomo, mi descrivono tutti gli elementi che li hanno portati a pensare che si tratti di MS (se sono loro a nominarlo).

Dopo una o due sedute incontro i bambini, questo momento, nel mio metodo, è il più variabile, dipende davvero da diversi elementi, devo essere sicura che i genitori siano convinti di far fare questo passo di fiducia al bambino, di farsi conoscere da me, se è necessario e possibile, quando vedo il bambino con sospetta diagnosi di MS, cerco di incontrarlo con i loro fratelli, grandi e piccoli. Se serve, spiego con semplicità chi sono e cosa faccio, spesso i bambini sono rassicurati dalla scoperta che esistano altri come loro, “con le parole che non escono” e che siano riusciti a farle uscire.

Perché vede anche fratelli e sorelle?

Sia perché il sistema in cui vive il bambino è costituito dalla sua intera famiglia, sia perché spesso i bambini si sentono tranquillizzati dalla presenza dei fratelli e infine perché i fratelli sono molto curiosi di tutto quello che succede ad uno di loro ed è meglio che vedano con i loro occhi per non creare fantasie non realistiche su questa “dottoressa dal nome strano”.

Questo incontro non lo considero un momento prettamente terapeutico, è una seduta di osservazione in cui in genere i bambini sono a loro agio, sono con i loro genitori, con i loro fratelli in uno studio che somiglia ad una casa e che non ha nessun aspetto medico-sanitario.

Cosa avviene in questi incontri?

Giochiamo insieme, chiacchieriamo con i genitori, alcuni bambini parlano liberamente, altri utilizzano la mediazione dei fratelli e dei genitori. Se mi pongono delle domande cerco di far fronte alla loro curiosità o nella stessa seduta o anche successivamente, d’altra parte quando si decide l’incontro con il bambino e i fratelli, io raccomando sempre ai genitori di spiegare che” sono curiosa di conoscerli”.

Credo che la curiosità sia una chiave importante del mio lavoro, senza la curiosità non ci si interessa così intensamente alla vita degli altri.

Lo step successivo? 

Lo step successivo è l’incontro con gli insegnanti, ci tengo che i bambini siano a conoscenza di questo incontro, chiedo sempre che siano tenuti al corrente dai genitori o dagli stessi insegnanti, in modo che non si faccia mai niente alle  loro spalle, ma al contrario il percorso sia sempre basato sulla fiducia reciproca.

L’incontro con gli insegnanti è sempre molto interessante, a me piace usare il verbo “raccontare”, ci raccontiamo il bambino e spesso parliamo e raccontiamo di un bambino che sembra essere differente per ognuno di noi.

Questo non succede solo per il Mutismo Selettivo, avviene quasi per tutti i bambini che a casa, al campetto, a scuola sono differenti, per il Mutismo Selettivo è lampante perché spesso a casa sono vivacissimi, loquaci, decisi, molto agili e invece a scuola vengono raccontati come lenti nei movimenti, bloccati, silenziosi.  Il dialogo con gli insegnanti non si limita al primo incontro, anzi è solo il primo passo perché, con l’autorizzazione dei genitori, io lascio i miei contatti agli insegnanti in modo che possa esserci sempre un filo diretto e  in caso di difficoltà, cambiamenti, dubbi, novità si possano trovare soluzioni e strategie comuni.

La terapia

A questo punto inizia la terapia, il lavoro fatto con i genitori, gli insegnanti e con me come specchio. Si decidono dei piccoli cambiamenti, dei piccoli movimenti e delle piccole osservazioni. I genitori in questa terapia sono coinvolti e attivati in prima persona per aiutare il loro figlio, in genere ho avuto risposte molto positive anzi alcuni mi hanno detto che tutto il lavoro fatto era servito a loro, e il benessere raggiunto da un genitore ha effetti anche sul figlio.

A volte questo lavoro risulta faticoso per un genitore, perché chiedo di attivare un cambiamento e un cambiamento piccolo e grande che sia, destabilizza, ma insieme costruiamo un percorso, una strada dove prima o poi  si incontra il bambino che  parla, ma non è punto di arrivo, come non lo è la prima parola che dice, anzi i primi miglioramenti fanno parte di un momento delicatissimo, non bisogna fermarsi ritenendo risolto il problema, a volte i grandi progressi possono essere seguiti da un rallentamento.

Che si fa, quindi, quando c’è un rallentamento o una regressione?

Tutti gli adulti che fanno parte della vita del bambino devono affrontare questo rallentamento con serenità, anche perché probabilmente è una sorta di pausa che serve al bambino per prendere la rincorsa per fare un altro passo importante, oppure un segnale che stavamo andando troppo in fretta. Dal mutismo selettivo non si esce improvvisamente, si immagina che non essendoci un impedimento fisico al parlare, il bambino si sblocchi all’improvviso, ma non è cosi: è l’ansia che si “allenta”  che permette al bambino di avere dei miglioramenti graduali, di raggiungere piccoli, o grandi obiettivi e poi lo fa rallentare. Questi progressi a volte sono particolari: “Parla ma con una vocina strana” mi dice una mamma, “Va benissimo!” Sono passi avanti, a volte laterali, ma è quanto può fare il bambino in quel momento. Abbandonerà lentamente il suo sintomo, perché è comunque quello che gli permette di gestire l’ansia.

“Abbandonerà lentamente il sintomo” in che senso Dottoressa Ius?

Il sintomo è una risposta  non funzionale e sempre la stessa a una difficoltà, in questo caso l’ansia. il mutismo è una risposta particolarmente non funzionale perché espone il bambino all’attenzione e alle sollecitazioni a parlare che alzano ancor di più l’ansia in un drammatico circolo vizioso.

Per concludere vorrei  ribadire un concetto importante: mi capita ancora  di sentire parlare di  bambino con mutismo selettivo in termini di “ bambino che non vuole  parlare”, è fondamentale  comprendere che il bambino con mutismo selettivo non riesce a parlare e che se potesse lo farebbe subito! Non c’è alcuna volontà nel suo silenzio.

 

 

 

 

La dottoressa Simona Ius fa  parte dello Studio Smail   

Il suo Studio è a Roma

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