Mutismo Selettivo? Mai obbligare i bambini a parlare. Ne parliamo con la Dottoressa Trivelli

Dottoressa Trivelli ritorniamo ancora sul tema “Mutismo Selettivo”, molti chiedono: perché  i bambini che soffrono di questo disturbo non  devono essere sollecitati o obbligati  a parlare?

Credo che sia sempre utile spiegare ancora che il silenzio dei bambini non è un comportamento volontario e che obbligarli a parlare oltre che peggiorare il sintomo, procura loro molta sofferenza.

Credo anch’io che sia necessario ribadire alcuni concetti riguardanti il Mutismo Selettivo (in seguito MS). In breve, ricordo che il MS è un disturbo d’ansia dei bambini che si configura come la persistente impossibilità di parlare in situazioni sociali specifiche, come ad esempio a scuola, o con estranei, mentre in altre situazioni quando il bambino si sente tranquillo e a proprio agio, parlare risulta possibile.

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Il MS è un disturbo dell’infanzia diagnosticato nel DSM-5 (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) all’interno della grande categoria dei disturbi d’ansia, quindi pur avendolo già precedentemente affermato, il DSM-5 sottolinea e afferma che alla base del MS ci sia l’ansia.

Come viene sperimentata l’ansia in questi bambini?

L’ansia

Ansia e paura. Tre domande alla Dottoressa Trivelli

si manifesta sia attraverso le reazioni tipiche che noi tutti, bambini e adulti sperimentiamo attraverso cioè un insieme di reazioni somatiche, fra le quali : sudorazione, tachicardia, respiro corto e affannoso. I bambini spesso riportano come sintomo anche mal di stomaco e mal di testa,  e a livello muscolare la tensione a livello delle braccia e dell’addome. Ma l’ansia agisce e influisce molto sui pensieri.

Dottoressa credo che sia una specie di circuito chiuso i pensieri generano la paura, la paura genera il sintomo.

Esatto l’ansia è un’emozione che sollecita il corpo alla vigilanza e all’attenzione, il bambino rivolge e concentra tutta la sua attenzione e i pensieri al controllo dell’ambiente circostante, al cercare tutti i possibili pericoli e minacce. Il pensiero nutre l’ansia perché più che alla situazione che vive in quel momento, il pensiero immagina quello che potrebbe accadere.

È soprattutto l’ansia anticipatoria che fa sì che il bambino fissi il suo pensiero, sulle situazioni difficili che dovrà affrontare e non pensi ad altro, non prospetti minimamente la possibilità di avere delle risorse per superarle. 

In bambini molto piccoli  è assolutamente giustificata la mancanza di consapevolezza delle proprie risorse, e noi sappiamo che il MS può insorgere già dai 3 anni, per questo motivo i pensieri spaventosi, supportati dall’ansia anticipatoria, li convincono che si trovano davanti a situazioni insuperabili. In genere l’ansia provoca in tutti noi la voglia di scappare a gambe levate,  o di prendercela con qualcuno, in questi bambini l’ansia è talmente alta da superare la soglia di tolleranza e l’unica strategia che sperimentano è l’evitamento, evitano di parlare e in alcuni casi l’inibizione è anche fisica, si muovono poco e mantengono una postura rigida.

Le pongo le domande tipiche di genitori e insegnanti:

ma con il tempo passa?

una volta abituati alla classe e alla maestra non dovrebbero parlare?

Certo l’abituazione  e l’adattamento sono concetti che  valgono per quasi tutti i bambini all’ingresso della scuola d’infanzia o delle elementari, si attende un periodo di adattamento che può andare da qualche settimana fino ad un mese, alla fine di questo periodo in genere i bambini si assestano su una situazione di accettazione del cambiamento. Per il bambino che soffre di MS non è così, per lui la paura è contesto-dipendente, ma non va incontro ad adattamento e abituazione, pur essendo sottoposto alla stessa situazione tutti i giorni (classe, compagni, insegnanti), per lui è come se fosse il primo giorno di scuola tutti i giorni, con il suo carico di ansia, angoscia e pensieri e paura di quello che lo aspetterà.

Come per tutte le emozioni l’ansia e il suo sintomo più eclatante, il SILENZIO, non può essere controllata volontariamente, quindi vi esortiamo a NON DIRE AL BAMBINO:

TRANQUILLIZZATI

NON DEVI AVER PAURA

NON DEVI ESSERE IN ANSIA

ADESSO PUOI PARLARE

Sono sollecitazioni da evitare. La paura porta all’evitamento e questo è una grande trappola, un circolo vizioso, perché se l’evitamento fa diminuire l’ansia, il sollievo che ne consegue suggerisce al cervello che la situazione evitata è davvero pericolosa e che non si hanno le risorse necessarie per poterla affrontare. Bisogna spezzare questo circolo vizioso.

È evidente, che in questa situazione, forzare il bambino a parlare non è mai la soluzione giusta anzi peggiora la sintomatologia, inutile cercare di convincerli, non riflettono sulle loro reali capacità di far fronte alle situazioni.

Non incitateli davanti alla classe: provano livelli altissimi di vergogna. Non vogliono stare al centro dell’attenzione sia negativa (perché non parli? Dì qualcosa ai tuoi compagni), che positiva (bravo che bel disegno che hai fatto, lo facciamo vedere a tutti!).

Alcuni non vogliono cimentarsi nelle attività scolastiche perché sono convinti di non riuscire, di non saper fare, di sbagliare. Si sentono inadeguati e se una volta sbagliano, quell’errore rimane nella loro memoria, solo l’errore, mentre tutte le cose belle e giuste che vivono e fanno quotidianamente scompaiono.Ecco perché è importante non pressarli affinché parlino, come potrebbero farlo con tutta questa cascata emotiva che provano? Non rispondere alle sollecitazioni li espone inutilmente alla sensazione di fallimento confermando quello che già pensano di sé stessi: sono incapace.

Penso che ormai sia chiaro che le pressioni e le aspettative aumentino l’ansia del bambino, ma ribadiamolo ancora Dottoressa, sono in contatto con molti genitori e insegnanti e da entrambe le parti ci sono ancora degli “scettici”.

E allora spiegamolo ancora che obbligare il bambino a parlare o aspettarsi che lo faccia in determinate situazioni, rinforza l’ansia. Pensare che il suo silenzio sia intenzionale colpevolizza il bambino, è come dirgli: ci riesci benissimo solo che non vuoi parlare, quindi è colpa tua”, questo non solo aumenta il disagio ma ostacola la costruzione di un’ambiente sereno favorevole all’emergere della comunicazione verbale.

E allora Dottoressa Trivelli qual è l’ambiente favorevole?

L’ambiente favorevole è quello che non colpevolizza, è un ambiente emotivamente caldo in cui il bambino senta di essere compreso, nel quale sia possibile nelle condizioni giuste e nel momento giusto, fare delle richieste al bambino leggermente più alte rispetto alla situazione in cui si trova. Richieste semplici che chi segue il bambino sa che può tollerare e per le quali gli sono stati forniti gli strumenti utili per affrontarle e tollerarle, piccoli passi avanti che faranno comprendere al bambino che è in grado di fronteggiare anche situazioni che a lui sembravano spaventose. Questo aumenterà i livelli di autoefficacia e di autostima. Con il tempo, con il lavoro dello psicoterapeuta e dell’insegnante, il livello d’ansia diminuirà e solo così le “paroline” potranno riemergere.Permettiamo al bambino di ampliare gradualmente luoghi, contesti, situazioni sociali diverse.

Per concludere vorrei rispondere alla domanda che mi pongono spesso insegnanti e genitori: ma se io non forzo il bambino a parlare, se gli concedo il non verbale non è che poi si adagia in questa situazione e quindi non vorrà più parlare?

La mia risposta è NO!

Il Mutismo selettivo non è un disturbo oppositivo-provocatorio, né vuol dire essere asociali, anzi al contrario sono  bambini per i quali la relazione con gli altri è importantissima.

BISOGNA LAVORARE SULL’ANSIA!

  • Lavorare sull’ansia (e non sul farli parlare ad ogni costo), permette di vivere l’estrema sensibilità di questi bambini non come una fragilità ma come una risorsa, che può essere utilizzata in molti ambiti e con tantissime modalità differenti. E gli permette anche di accettarsi, di imparare che come tutti hanno delle caratteristiche positive e negative, che possono sbagliare e hanno dei punti di debolezza ma anche tanti punti di forza. L’importante è saperli riconoscere e utilizzare nel modo adeguato.
  • Lavorare sull’ansia vuol dire passare da un senso di vulnerabilità estrema ad un graduale incremento dell’autostima, cambiare la visione del mondo che da qualcosa di minaccioso deve invece essere un luogo in cui vivere serenamente, avendo fiducia nelle proprie capacità di affrontarlo, insieme agli altri con cui relazionarsi.
  • Lavorare sull’ansia vuol dire abbandonare pian piano l’eccessivo sostegno e l’iperprotezione, vuol dire  lasciare posto all’esplorazione e alla scoperta e questo vale sia per i bambini che per gli adolescenti.

Quindi per concludere,  lavorare sull’ansia e non concentrarsi sul parlare non fa adagiare il bambino, non lo fa abituare al silenzio, al contrario lo aiuta a crescere.

 

 

 

 

 Dottoressa Trivelli
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Il Valore dell’Arteterapia nei Bambini con Mutismo Selettivo

Scrivendo l’articolo una delle tante cose che mi ha colpito intervistando Matteo Corbetta, è questa: nessun* bambin*, nessun* ragazzin* ha mai sentito il bisogno di abbandonare la sala di arteterapia, anche il più chiuso, il più silenzioso, il più bloccato…
sono rimasta conquistata dalla delicatezza dell’approccio, dalla sensibilità con cui si accoglie
“Per prima cosa mi presento al bambino e spiego in breve il lavoro che verrà fatto, con parole comprensibili e adatte all’età del bambino. Questo è l’impatto, in seguito preferisco comunicare con un canale non verbale e potete immaginare quanto questo sia fondamentale nel caso di bambini con mutismo selettivo. È mia premura rendere il setting in cui “lavoriamo” un luogo accogliente, dove vengano favorite le interazioni e nel quale ci si possa esprimere attraverso il disegno, la creazione di forme e la produzione di immagini. Devo dire che l’approccio ha sempre un esito positivo ed è spesso empatico, malgrado le normali difficoltà di essere in un luogo nuovo con un estraneo. Nessun bambino, in questi anni, ha mai sentito la necessità di uscire dalla stanza di arteterapia. È necessario rispettare i loro tempi, è probabile che in una prima fase il bambino abbia la necessità di tenere sotto controllo ogni movimento del terapista e sia attento agli stimoli contestuali. Con il trascorrere del tempo nella stessa seduta, o in quelle successive, si instaura in modo naturale la relazione con i materiali e con il terapista stesso.

http://www.youreduaction.it/valore-arteterapia-bambini-con-mutismo-selettivo/