La gravidanza: un momento evolutivo

La gravidanza è un momento particolare della vita di una donna, il concetto può sembrare banale ma non lo è affatto secondo me, soprattutto se si esce dall’iconografia della pubblicità che fa apparire tutto rosa o azzurro , tutto semplice, tutto “scarpette fatte ai ferri” e basta.

Non c’è solo questo, bisogna dare un nome alle cose e alle emozioni, questo rende la vita più difficile? Certo, ma fa più male nascondere la realtà dietro una facciata di totale felicità.

Qualsiasi esperienza ha un impatto sulla nostra vita psichica e pratica, credo che la gravidanza sia una delle esperienze più “estreme” se non addirittura la più estrema di tutte, come dice la Dottoressa Cipriano, per un periodo siamo 2 in  1, non esiste nessuna esperienza di vita comparabile al dare vita ad un altro essere e portarlo in sé.

Inizialmente questo articolo doveva aprirsi con una  domanda  “gravidanza programmata e non programmata, quali differenze nel vissuto di una donna?” ma poi le risposte della Dottoressa mi hanno capire che è molto più giusto parlare di gravidanza in generale perché non esistono leggi che le dividano nettamente, ci possono essere delle differenze ma tutto dipende dalla persona, dalla sua storia personale, dalla personalità delle donna.

 Quindi detto questo, Dottoressa Cipriano entriamo un po’ più in dettaglio nel tema.

LA GRAVIDANZA

Partiamo un concetto fondamentale: la  gravidanza è un momento evolutivo, un momento di crisi, sì proprio di crisi, perché alla parola crisi non dobbiamo dare né un’accezione positiva né negativa, è crisi quando si rompe un equilibrio.

In effetti la gravidanza  è un momento di rottura di un equilibrio e la costruzione di un nuovo, perché una donna deve costruire una nuova identità che prima non c’era. I momenti di passaggio, di crisi sono delicati, si corre sempre il rischio di  distorsioni psico- patologiche, perché nella costruzione di una nuova identità possono  tornare a galla storie irrisolte con i propri genitori, oppure della propria storia  personale,  è il momento in cui la donna deve riuscire a risolvere gli eventuali conflitti.

Immaginiamo un bivio o si segue un percorso in cui alcune questioni irrisolte tornano a galla e la donna sta male e deve far di tutto per non abbandonarsi e prendersi cura di queste parti, oppure  ne segue un altro, e la gravidanza è l’occasione per effettuare un passaggio maturativo

In effetti la gravidanza  è  proprio un passaggio maturativo che  non si conclude con il parto, ma  è un percorso che si realizza di pari passo con tutte le varie tappe evolutive del bambino.

Dottoressa ho l’impressione che ci stia dicendo come è giusto che sia che la gravidanza e quindi la nascita di un figlio è un’esperienza irreversibile non solo praticamente ma anche psicologicamente?

Esatto, la gravidanza  è un punto di non ritorno, bisogna affiancare a questa esperienza  il concetto di lutto anche se sembra paradossale,  perché tutto quello che c’era prima nella vita della donna, non ci sarà mai più, è questo è assolutamente indipendente dal fatto che il figlio sia stato programmato o meno.

In realtà nella nostra vita viviamo diverse volte “punti di non ritorno”, per esempio quando approdiamo nell’adolescenza, quel momento di passaggio a volte così impattante in cui dobbiamo salutare la bambina che eravamo e non saremo mai più. E ancora un altro punto di non ritorno è proprio quando abbiamo un figlio e da quel momento non saremo mai più una donna senza figli, perché è indubbio che si è madri per sempre.

Proprio perché c‘è un punto di non ritorno che si usa la parola lutto .

Insomma è una fine e un inizio, tutto un percorso da costruire e allora come affrontarlo ?

La vera  sfida sta nel  ritrovare un punto di equilibrio tra la nuova identità materna e l’identità femminile, è importante che il sé femminile trovi uno spazio, una sua possibilità di esprimersi proprio per  non essere sbilanciati  in questa costruzione di identità , è necessario  fare in modo che tutte le parti, possano attivarsi. Anche il corpo cambia, durante e dopo il parto, oggi molte riescono a tornare “come prima”, altre no e anche quello è una passaggio, un cambiamento che in alcuni casi può essere difficile da accettare.

Quando è nato mio figlio è cambiato il rapporto  con mia madre, non ero più solo figlia ero anche madre anche in questo si cambia. Dottoressa ci parli di questi lunghi 9 mesi, come li vive la futura mamma? Quando inizia la sua relazione con il bambino?

Con la gravidanza si  passare dall’altra parte delle barricata, si acquisisce  una funzione genitoriale , è un periodo di grande impegno per una donna perché è impegnata non solo a far spazio al bambino nel suo corpo, ma anche nella sua mente,  e con il tempo il  bambino  è sempre più “pensato” e questo immaginario è importante perché la gravidanza è lunga e i 9 mesi servono proprio  prima ad abituarla al fatto di essere incinta e poi  di aspettare un bambino, perché anche se sembra strano sono  due cose diverse .

All’inizio,  nelle prime settimane, la donna è concentrata sulla sua condizione di essere incinta, deve dirlo sul luogo di lavoro lavoro, deve annunciarlo alla famiglia, deve anche convincersene  lei stessa!

Di solito inizia a immaginare il bambino dal terzo mese in poi, è da questo momento che inizia a costruire il legame emotivo immaginario con questa vita, il bambino  inizia ad avere un volto,  (viene detto il bambino della notte), anche nella mente si fa spazio il pensiero del bambino, i nove mesi servono anche a questo, a sentirlo come una vita che fa parte di lei. Il tempo per poter  “far spazio”, permette di accogliere questo bambino emotivamente e simbolicamente  e questo facilita l’accoglienza dopo la nascita.

Immagino che anche qui ci sia un altro momento di grande impatto

Certamente perché  dopo la nascita dovrà  affrontare un’altra separazione:  deve lasciare questa condizione pazzesca e incredibile dell’essere incinta, quest’esperienza emotivamente fortissima e potente dell’essere due in uno. Deve elaborare questa separazione e deve elaborare  anche il fatto che il  bambino che è nato non è quello che ha immaginato, è quello reale, deve salutare quello immaginario e accogliere quello reale.

Quindi tornando al nostro tema iniziale in effetti non ci sono molte differenze tra gravidanza programma e non.

Non potrei considerare una differenza così netta, può essere che se la gravidanza è desiderata, se è stata programmata può essere che sia più semplice superare  questi passaggi, ma non c’è nulla di  automatico,  in entrambi i casi dipende  da come la donna affronta la situazione .Durante la gravidanza i, in alcune donne, possono emergere delle ferite antiche nel rapporto con la madre, nel suo essere figlia che non sono state elaborate  e nella gravidanza non programmata è possibile che ci siano più difficoltà nell’accoglienza, ma tutto dipende anche dalla donna, dall’elasticità , dalla capicità di affrontare le situazioni.

Un autore  aveva distinto, diversi  “stili”  materni, lo stile  materno è quello che influenza le aspettative, le fantasie, e anche la relazione tra madre e bambino

E quindi distingueva “ la madre facilitante” che vive la maternità  in modo positivo, è  luminosa e costruisce con facilità un’identità materna, accetta tutti i cambiamenti, si modella a questa nuova vita senza grandi resistenze.

Diversamente dalla  “madre regolatrice” che si  basa sul controllo, che fa fatica ad accettare le modificazioni del corpo,  una donna  che spesso percepisce il bambino come un intruso.

Dottoressa tra la facilitante  e la regolatrice c’è una via di mezzo, ci sono tante donne che pur sentendosi a tratti super mamme, a tratti completamente inadeguate , vivono i nove mesi e la nascita sempre con tanta energia, dubbi, amore e timore per questa nuova responsabilità 

 

 

 

 

 

 

 

 

Infatti nel mezzo c’è una donna che accetta il bambino, ma nello stesso tempo accetta anche di essere attraversata da sentimenti di ambivalenza, cioè emozioni negative e positive insieme e a questa ricetta già di per sé abbastanza carica possiamo aggiungere anche un pizzico di malinconia per tutti quei cambiamenti inevitabili, per il corpo che si trasforma in una modalità fino a quel momento sconosciuta e incontrollabile e per tutta quella parte di vita che per un po’ dovrà essere messa da parte. Accanto alla malinconia ci sarà la meraviglia e il timore quel quell’avventura in cui, anche se circondata da amore e persone , lei e il bambino saranno i protagonisti assoluti.

In entrambi i casi quindi , che il bambino sia stato programmato o meno, tutto dipende anche dalla capacità della donna di adattarsi, dalle risorse che ha, dal supporto, dal fatto che abbia o meno una rete di persone, familiari amici che la sostengono, e anche dal rapporto con il partner.

Grazie Dottoressa credo che siamo solo all’inizio di questo viaggio emotivamente intenso della donna che parte dal” bambino pensato” al neonato, continua…

Articolo di Adriana Cigni

 

Tutte le immagini sono prese dal web.

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