Il trauma, le conseguenze neurobiologiche. L’EMDR Intervista alla Dottoressa Paola Cipriano

L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) definisce il trauma in questo modo:

“Il trauma è il risultato mentale di un evento o una serie di eventi improvvisi ed esterni, in
grado di rendere l’individuo temporaneamente inerme e di disgregare le sue strategie di difesa e di adattamento”.

Dottoressa Cipriano oggi parliamo di TRAUMA e delle nuove strategie per superarlo.

Possiamo definire due tipi di traumi:

il Trauma con la T maiuscola che è quello conseguente ad un evento ad impatto fortissimo: la morte, la malattia, abusi, violenze, il terremoto ecc.;

il trauma con t minuscola, cioè tutti quei traumi causati da esperienze stressanti nelle quali non c’è un pericolo fisico, non si rischia di morire, si vive però un’esperienza che disorganizza la mente, perché non è un attacco al sé fisico ma un attacco al sé psichico.

Il trauma con la t minuscola è altrettanto importante e impattante, bisogna comprendere che se un trauma non  viene elaborato rimane immagazzinato nella memoria, potremmo dire cristallizzato nella mente, intatto, così come l’abbiamo vissuto, come una sorta di dolore, di dispiacere perennemente rinnovato.

Oggi si può trattare il trauma con l‘ EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing), una nuova terapia che integra la psicoterapia con le neuroscienze, inserendo cioè nella psicoterapia tutto quello che le neuroscienze ci hanno insegnato e dimostrato sulla mente. Siamo partiti dal presupposto che il trauma disorganizza la mente, ecco che il mio lavoro di psicoterapeuta EMDR è quello di integrare, desensibilizzare e riorganizzare la mente da quel preciso ricordo.

Dottoressa, un trauma non è solo un evento che provoca un danno psichico ed emotivo in quel momento della vita della persona, il trauma è ben altro, ha effetti che possono perdurare nella vita di un individuo, quali sono le conseguenze?

Possiamo avere come tipo di conseguenza del trauma una serie di disturbi tra i quali il disturbo post-traumatico da stress, ma esistono molti altri disagi psicologici, il DSM-5 (Manuale Di ) dimostra che lo stress vissuto in età infantile è legato ai disturbi mentali, al punto che l’OMS ha istituito un piano d’azione per la salute mentale fondato su alcuni concetti ormai consolidati da numerosi ricerche e cioè che l’esposizione a eventi stressanti in giovane età è un fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi mentali e quindi può essere prevenibile. I gruppi vulnerabili sono: membri di famiglie che vivono in povertà, persone con malattie croniche, neonati e bambini sottoposti non solo a maltrattamenti fisici ma anche a trascuratezza emotiva.

Cos’è la trascuratezza emotiva?

È il non sentirsi visti per quello che si è, io uso la parola “sentire”, il bambino non si sente “sentito” da parte dei genitori, non c’è un’attenzione, una sintonizzazione sui suoi bisogni, sulle sue esigenze e quindi si sente poco visto, non riconosciuto.

Se si riflette sembra nulla di grave, non ci sono violenze fisiche, ma c’è un‘atmosfera emotiva di indifferenza, la tristezza del bambino, i suoi piccoli ma importanti problemi quotidiani non vengono considerati, non c’è conforto, rassicurazione, anzi da parte dei genitori c’è una banalizzazione.

Quei  “dai non fa niente”, “ma quanto la fai lunga”, “ora non ho tempo per queste stupidaggini”, in realtà costituiscono un trascurare emotivamente il bambino, un “mal uso” (un uso disfunzionale) della relazione.  In alcuni casi questa trascuratezza può avere conseguenze sul cervello e sul comportamento del bambino, ma ci sono anche altri gruppi vulnerabili che possono subire la “trascuratezza emotiva: gli anziani, i gruppi di minoranza, le persone discriminate, le persone esposte a catastrofi naturali.

Ci sono due momenti della vita in particolare in cui il trauma può avere un’influenza importante sul cervello, nei primi 5 anni di vita e verso i 12-13 anni.

Nei primi 5-6 anni di vita: subire un trauma, essere esposti ad un evento stressante in questi anni rende il cervello meno resistente agli effetti degli eventi stressanti successivi. Consideriamo un bambino maltrattato, il trauma è cronico, o la trascuratezza è cronica, è uno stile relazionale, il cervello produce livelli tossici di neurotrasmettitori, aumenta il cortisolo, detto anche ormone dello stress, a livelli esponenziali.

L’aumento di questo ormone produce una serie di conseguenze che riguardano l’ippocampo (un’area del cervello fondamentale per la memoria e la gestione delle emozioni).

In sostanza ci sarebbero dei cambiamenti nel cervello sia conseguentemente a dei traumi sia alla “trascuratezza emotiva”?

Sì,  degli studi hanno rilevato cambiamenti in alcune zone cerebrali in soggetti che avevano subito esperienze traumatiche, questi cambiamenti li rendono più sensibili, più vulnerabili rispetto agli eventi della vita, come se mancassero delle giuste risorse per affrontarli. Questi cambiamenti interessano queste zone del cervello:

a livello della corteccia prefrontale (la fronte) zona deputata alla logica e al ragionamento;

a livello del corpo calloso (una sorta di ponte che collega i due emisferi cerebrali destro e sinistro);

a livello dell’amigdala che è legata alla paura e al riconoscimento delle espressioni facciali;

a livello del lobo temporale.

Per questo è molto importante prevenire e aiutare i bambini, nei primi sei anni di vita il nostro cervello ha una iperproduzione dendritica (i dendriti sono delle ramificazioni che partono dal neurone = cellula nervosa) di connessioni, è un’attività intensa specifica di questo periodo di crescita, non succederà mai più che in tempi così brevi ci sia una così intensa attività neuronale.

L’altro momento importante è verso i 12-13 anni, periodo durante il quale avviene il “pruning”, quella che potremmo definire una “potatura” dendritica (NdA: i dendriti sono delle ramificazioni che partono dal neurone = cellula nervosa ed entrano in contatto con altri neuroni tramite le sinapsi), cioè alcune sinapsi vengono eliminate. Potremmo definirla una ristrutturazione della “casa” cervello, un riassetto, l’eliminazione di tutte quelle connessioni che non serviranno alla vita di adulto. Si tratta quindi  di un momento delicatissimo in cui un evento traumatico ha un impatto maggiore e più grave e  duraturo rispetto ad un adulto.

Le esperienze dei ricordi non verbali rimangono frammentati, decontestualizzati come se fossero intrappolati nelle reti neuronali, ed è questa la base dei sintomi che ne derivano. Il trauma quindi non è solo emotivo, cognitivo, ma ha anche una base neurobiologica.

Il trauma e le esperienze molto intense creano dei circuiti di memoria implicita che rimangono chiusi come in una “bolla”, il compito dello psicoterapeuta è quello di aprire questa “bolla” e far sì che quei dati vengano integrati in tutto il sistema neuronale e cerebrale.

L’EMDR  è efficace a qualsiasi età, questi cambiamenti possono interessare anche gli adulti?

Sì, il cervello in questo senso è plastico e l’EMDR ha effetti anche sugli adulti e con questo metodo si possono far tornare allo stato normale quelle parti del cervello che si erano rimpicciolite.

Cos’è quindi L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing)?

L’EMDR è una psicoterapia legata all’elaborazione dell’informazione e si basa su un processo fisiologico naturale, è la terapia più studiata al mondo ed è quella che ha più ricerche che ne dimostrano l ‘efficacia. È stata dichiarata dall’OMS il trattamento di elezione per la risoluzione dei traumi, un modo nuovo di considerare la patologia, in pratica il trattamento terapeutico può provocare cambiamenti neurofisiologici e biologici e quindi è in grado di rimodellare il cervello. Gli effetti sono evidenti, una volta che l’esperienza è stata integrata si sta molto meglio, non si hanno sintomi e la qualità della vita migliora. Il paziente attraverso la terapia dell’EMDR impara a creare una storia di vita della sua infanzia più coerente, con una prospettiva più costruttiva, e acquisisce una maggior sicurezza emotiva e autonomia. Per chi ha figli si ha anche una migliore relazione con essi perché si interrompono quei meccanismi ormai dimostrati di trasmissione transgenerazionale dei traumi, si interrompono quei disturbi e quelle caratteristiche che vengono spesso ereditate.

L’EMDR permette quindi al cervello di ricominciare da dove si era “inceppato” il meccanismo, attraverso i movimenti oculari vengono attivati in materia contemporanea i due emisferi, destro e sinistro, lavorando su episodi precisi della propria vita, la riattivazione provoca il ricollegamento e la comunicazione tra i due emisferi dà il via all’elaborazione che era stata interrotta in passato.

Perché è così importante questo collegamento?

Perché per elaborare un ricordo è necessario, a livello neurobiologico, che i due emisferi possano comunicare tra di loro in maniera equilibrata in modo che non predomini il destro (legato all’emozione, all’istinto, all’aspetto creativo), né il sinistro (legato alla razionalità della logica), l’EMDR permette di ristabilire questo equilibrio.

La Dottoressa Paola Cipriano riceve
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