Caro Babbo Natale…

Caro Babbo Natale,

io credo che forse dovresti un po’ rinnovare  il tuo lavoro.

Certo io non sono nessuno per dare consigli per questo uso il “forse”.

So che sento un disagio, una mancanza di armonia. Ognuno di noi può dare al Natale il significato che vuole anche laico, la rinascita, il ricominciare, il chiudere un ciclo e aprirne un altro. E poi mio figlio è nato a Natale come non dargli un senso?

Per cui ti dico un po’ di cose…

Forse non dovresti più fare distinzione tra bimbi buoni e cattivi, tra quelli che se lo meritano e non se li meritano. Forse dovresti portare doni a quelli che non li hanno mai avuti, ai bambini nati in paesi in guerra e che non sanno cosa sia la pace, quei bambini lì conoscono solo il male, il sangue, la paura, la morte e gli occhi disperati dei loro genitori. Perché non c’è al mondo peggior dolore di non poter  salvare il proprio figlio. I doni portali a loro.

Oppure cambia.

Cambia il rito, l’abitudine, la tradizione.

Babbino caro,

tu sei sempre lì insieme alla Befana e noi vi siamo grati per la gioia , la capacità di sognare e di credere  all’impossibile, ma i tempi sono cambiati, anzi noi siamo cambiati. Abbiamo bisogno di un altro tipo regalo, tutti: grandi e piccini. Noi grandi soprattutto per poterli lasciare ai nostri figli, o diffonderli nel mondo. Non sono regali costosi ma si fa fatica a ritrovarli, nessuno li vende, o ce li insegnano o arrivano direttamente dal nostro cuore.

Più che di cose abbiamo bisogno di speranza, portaci tutti quei sentimenti  che sono patrimonio di tutti, laici e credenti, e che ci restituiscono la nostra umanità nel senso doppio del termine.

Sentimenti che abbiamo un po’ trascurato, riportaci la gioia di guardarci negli occhi e non attraverso uno schermo; portaci la pĭĕtās nel suo significato originario ( affetto, amicizia, dedizione, fedeltà, devozione, i genitori, gli amici, pietà filiale; abnegazione, rettitudine, senso del dovere; clemenza, benevolenza, indulgenza).

Sai i poveri ci sono sempre stati, e ci sono ancora e c’è qualcuno che cerca di nasconderli in questi giorni perché stonano un po’ con i luccichio delle luminarie e degli addobbi scintillanti. Porta anche il senso originario della compassione cum –  patior , comprendere la sofferenza altrui e non nel senso dispregiativo che con tempo gli abbiamo dato.  Babbo i poveri, quelli veri non sono solo i protagonisti delle favole, i poveri esistono, li possiamo incontrare sulle strade a dormire al freddo e al gelo  (come dice la canzone  “Tu scendi dalle stelle…”) oppure sono nelle case normali, hanno un lavoro precario o non ce l’hanno e fingono di condurre una vita normale anche se non sanno come fare per far fronte a tutte le incombenze.  Oppure sono sotto le bombe , o vivono repressi da regimi autoritari e crudeli. I poveri sono esseri umani , non polvere da nascondere sotto un tappeto. A loro e a noi porta la dignità, lavoro e speranza nel futuro.

Riportaci la capacità di amare, la tolleranza, l’empatia, l’amicizia, le risate , il divertimento sano, l’aria pulita, il rispetto per noi stessi, per gli altri e per l’ambiente e per la salute.

Questi sono i regali di cui abbiamo bisogno noi e le nuove generazioni.

Fai lavorare i lutins o elfi, o folletti che dir si voglia che sarà dura.

Adriana